La solitudine del figlio maltrattato

Pensare, sentire, ragionare come un bambino o un adolescente maltrattato per noi adulti non dovrebbe essere difficile. Sappiamo perfettamente cosa desideri e cosa si aspetti dai propri genitori un figlio dato che figli lo siamo stati anche noi e lo siamo ancora. Possiamo immaginare facilmente cosa potrebbe accadere nell’animo di un bambino o di un ragazzo che si ritrova tradito proprio dalla persona dalla quale si aspettava un amore incondizionato. Per comprendere veramente la solitudine di un minore maltrattato dovremmo partire proprio da ciò che sentivamo di avere bisogno da piccoli, dal nostro sguardo orientato verso i gesti di mamma e papà che generalmente cercavano di seguire i nostri bisogni e le nostre richieste, dalle loro parole che acquietavano le nostre paure e dalla loro attenzione nell’ascoltare i nostri racconti, da loro stessi che ci accudivano e che cercavano di accompagnare i nostri cambiamenti nella crescita. I difetti dei nostri genitori, i loro litigi, i loro rimproveri, le loro preoccupazioni oltre alle loro qualità, premure, sacrifici, sentimenti fanno tutti parte di un bagaglio che ci ha permesso di essere diventati uomini e donne con caratteristiche proprie, diverse le une dalle altre. Al bambino o al giovane che subisce una qualsiasi forma di violenza tutto questo viene precluso. E più il minore è in tenera età, più l’evoluzione della sua personalità rischierà di essere compromessa. Quelle sue paure puramente immaginarie, fisiologiche durante la crescita, invece di essere contenute saranno amplificate e confermate da una reale e concreta paura: quella vissuta in famiglia allorchè uno dei due genitori sia statol’artefice di un abuso fisico e/o psicologico, potendo diventare una vera e propria esperienza di morte.

La sconcertante sorpresa di non avere accanto un genitore premuroso e attento ma una persona senza scrupoli e crudele sconvolge l’interiorità di un figlio che, sentendosi odiato e/o rifiutato, si ritrova a ricevere, in modo ingiusto, come unico nutrimento l’angoscia. L’angoscia è peggiore della paura, non trova sollievo nemmeno nella fantasia, travolge come un’onda e lascia nella più completa confusione chi è costretto a viverla. Per salvarsi dall’angoscia di morte spesso un figlio ricorre alla speranza che può, con la continua attesa di un cambiamento positivo, aiutare a sopravvivere. Ogni figlio ha con sé una fonte continua di speranza perché non si può che rimanere increduli di fronte alla violenza esercitata da un familiare. E cosi spesso dentro al piccolo che subisce, quella violenza viene letta e deformata in un atto di amore, come a sperare che sia sbagliato il proprio modo di vivere certi gesti o parole e non quello dell’altro. Molti figli abusati pensano: “Questo è il modo giusto con cui mio padre o mia madre mi dimostrano il loro amore” oppure “Ciò, che mi mette tanta paura, è invece Amore ed è ciò che ricevo da il mio papà o dalla mia mamma“. Purtroppo sarà quel bambino stesso a rischiare di diventare un adulto violento un domani avendo appreso come l’unico modo di amare sia quello legato alla violenza, alimentando il cosi detto “Ciclo della Violenza”. In molti altri casi invece quell’angoscia che travolge e lascia impotenti chi la subisce porta un bambino o un adolescente ad identificarsi con il genitore violento cosi da non deluderlo più, da non rischiare in alcun modo di perdere il suo amore, di diventare cosi simile a lui da cercare di renderlo orgoglioso e fiero del figlio che ha accanto.

Purtroppo in molti casi la speranza viene delusa. Infatti il genitore violento non farà mai sentire suo figlio né amato né fonte di orgoglio. Questo tenerlo sospeso tra maltrattamenti evidenti e motivazioni addotte fuorvianti e illogiche per giustificarsi…” Ti picchio per educarti, Ti maltratto per aiutarti, Ti offendo per farti diventare un uomo o una donna migliore, Mi approfitto sessualmente di te perché il mio amore per te è infinito”…… è tutto finalizzato a tenerlo nella violenza per gratificare lui o lei che la esercita, a mantenere il silenzio della vittima con l’esterno facendo considerare ogni gesto assurdo e crudele ricevuto come invece dettato dal puro e semplice Amore. Infatti in molti casi ciò può sviluppare un vero e proprio senso di colpa o di vergogna nel bambino o nell’adolescente arrivando a fargli pensare che sia lui a dimostrare ingratitudine e non il genitore a mancargli di rispetto nel momento in cui gli fa violenza. Alcuni figli oscillano tra il credere che quanto raccontato da chi abusa di lui sia vero cioè che siano loro ad interpretare male le azioni del genitore e, dall’altra parte il contenere il desiderio continuo che quel senso di angoscia scompaia per sempre e che qualcuno arrivi a salvarli. In alcuni casi in loro si crea la falsa illusione che prima o poi tutto ciò finirà e il loro padre o la loro madre si pentiranno di ciò che hanno fatto, rimedieranno con un comportamento nuovo fatto di gesti riparativi e finalmente orientati verso il rispetto.

Le risorse che possiede ogni piccolo in crescita e che saranno messe in atto saranno la fonte di aiuto e in alcuni casi di salvezza per riuscire a sopportare i maltrattamenti e a sopperire alle gravi mancanze. Ma in ogni caso una grande compagna di vita quel piccolo grande figlio avrà avuto al suo fianco …” La Solitudine”. Quel bambino o quel ragazzo sarà rimasto solo per molto tempo con la speranza, solo nel silenzio, solo insieme alla paura, solo nel continuare a costruire personali certezze alterate o solide che siano. Noi adulti dobbiamo cogliere quella solitudine, sentire la muta richiesta di aiuto e per udirla non dobbiamo schierarci con l’uno o l’altro genitore ma solo imparare a leggere direttamente negli occhi del bambino o del ragazzo che abbiamo di fronte, ascoltare ciò che ci trasmette con i suoi gesti e dobbiamo saper rischiare ….rischiare nel difenderlo, nel credergli, nell’offrirgli la nostra presenza ed il nostro ascolto. Solo fidandosi per la prima volta di un adulto quel figlio parlerà e ciò che ha tenuto soffocato per anni uscirà fuori come un fiume in piena.

Quando un bambino o un ragazzo inizia a parlare di sé e della violenza subita si deve stare attenti a non aggiungere a questa, altri tipi violenza come ad esempio portarlo via dalla sua casa e dalle sue abitudini che in molti casi hanno rappresentato per lui e/o lei un rifugio ed un riparo oppure accusare le altre sue figure di accudimento vittime anche loro di una violenza occulta e minacciosa allontanandole dalla sua vita. Sarà lui stesso a condurci verso ciò che lo aiuterebbe a sentirsi libero e non più solo. Non sempre le soluzioni che offriamo noi adulti sono quelle che restituirebbero spensieratezza ad un figlio tradito e vittima di abusi.

Il nostro compito sarà quello di dare vita e fiducia ad un piccolo giovane che ha ancora tanta voglia di credere che l’Amore …quello vero….esista davvero.

Dottssa Stefania Jade Trucchi